Mar 11 Gen 2011
Diritti del lavoratore secondo la Costituzione e la legge italiana
Scritto da Amministratore - categoria: Leggi e contratti[5] Commenti
Un elenco dei diritti del lavoratore per non dimenticare mai quali sono gli strumenti in suo possesso per farsi valere sul posto di lavoro.
Un contratto di lavoro deve racchiudere una serie di norme che riguarda i doveri del lavoratore e che ne regola l’attività .
Prerogativa del contratto di lavoro è comunque anche quella di includere norme che tutelino tutti i diritti del lavoratore, sia per quel che concerne la sua dignità sia per la sua salute e la sua sicurezza. Questo principio viene riconosciuto al lavoratore dalla Costituzione stessa la quale stabilisce che il lavoratore deve ricevere il giusto compenso proporzionato alle sue capacità e responsabilità .
Altri diritti che spettano al lavoratore sono quello all’assistenza e quello alla previdenza, oltre che all’assicurazione che copra eventuali infortuni sul lavoro.
La Costituzione inoltre garantisce il diritto allo sciopero e all’associazione sindacale.
A supporto di queste norme generali è stato poi emanato lo Statuto dei Lavoratori al quale devono attenersi le imprese industriali private con più di 15 dipendenti e quelle agricole con più di 5 dipendenti. Tale statuto non riguarda però la gestione dei dipendenti degli enti pubblici.
A livello governativo poi esistono tre enti preposti alla salvaguardia di tali diritti che sono:
- il Ministero del Lavoro, che ha il ruolo di coordinare l’attività amministrativa e di mediare eventuali vertenze tra lavoratore e datore di lavoro;
- l’Ispettorato del Lavoro, che ha il compito di vigilare sul rispetto delle norme sui diritti del lavoratore da parte dei datori di lavoro;
- l’Ufficio del lavoro, che si occupa del collocamento dei lavoratori e dell’assistenza agli immigrati.
Fra i diversi diritti del lavoratore, sanciti dalla legge, sono da annoverare senza dubbio il diritto all’astensione dal lavoro per malattia e il diritto all’astensione per maternità . Per quel che riguarda il primo caso, regolato dall’articolo 2110 del Codice Civile, il lavoratore ha il diritto di astenersi dal regolare orario di lavoro percependo tuttavia il proprio compenso che spetta in parte al datore di lavoro, quando previsto dal contratto collettivo, e in parte all’Inps, sotto forma di indennità di malattia. Per avere diritto a tale retribuzione compensativa il lavoratore dipendente deve dimostrare il proprio stato di malattia tramite un certificato medico compilato dal medico di base e presentato al datore di lavoro e all’Inps entro due giorni dall’astensione (con raccomandata r/r). Il lavoratore dovrà poi rimanere a disposizione per eventuali accertamenti sanitari. Tale astensione può protrarsi fino a tre mesi se si ha un’anzianità di servizio inferiore ai dieci anni e fino a sei mesi con un’anzianità di servizio maggiore. Oltre tali limiti, ove necessario, il lavoratore può chiedere un periodo di aspettativa durante il quale però perde il diritto alla retribuzione compensativa.
Nel caso di maternità , una lavoratrice dipendente sia del settore pubblico sia del settore privato, ha diritto ad un periodo di astensione dal lavoro di cinque mesi completamente retribuito. Tale periodo deve essere obbligatoriamente distribuito nel seguente modo: i due mesi precedenti al parto e i tre mesi successivi. Da qualche anno tale diritto è estensibile anche al padre, purché sia un lavoratore dipendente, e solo nel caso in cui la madre non possa usufruirne in quanto lavoratrice non dipendente. Inoltre la gestante può avere diritto anche all’astensione anticipata a partire dal momento iniziale della gravidanza qualora questa presenti complicazioni o qualora le mansioni svolte dalla lavoratrice non siano congeniali al suo stato di gravidanza.