Leggi e contratti


Con le ultime modifiche apportate alla riforma del lavoro, sono stati agevolati i lavoratori a progetto ma anche chi possiede una partita iva. Vediamo cosa cambia per i co.co.pro.


Novità riforma del lavoro Il Governo ha lavorato per migliorare le condizioni di lavoro dei co.co.pro. (collaboratori continuativi a progetto) dandogli un salario minimo di base garantito, e per i parasubordinati che perdono il lavoro sarà previsto un indennizzo una tantum.

Altri due cambiamenti radicali riguarderanno una minore stretta sulle partite IVA e alcune modifiche alle leggi per consentire ai lavoratori di un’azienda di partecipare ai suoi utili.
Tutto questo avrà una durata sperimentale di 3 anni.

L’una tantum per chi ha lavorato, ad esempio, 6 mesi avrà un valore di circa 6 mila euro, successivamente ci sarà una verifica e la mini-Aspi (Assicurazione Sociale Per l’Impiego).
La durata del contratto a termine sale ad 1 anno ma anche per il primo contratto a termine le novità riguardano il fatto che può essere stipulato anche senza specificare la causale; inoltre si accorciano i giorni di pausa tra un contratto e il successivo.

Per chi viene licenziato alla data di scadenza di un contratto di 6 mesi e poi viene riassunto a termine entro 10 giorni, il secondo contratto sarà in realtà a tempo indeterminato.

I cambiamenti di contratto riportati fino ad ora sono serviti sia per dare più sicurezza e continuità lavorativa ai lavoratori che evitare strani licenziamenti o strane interruzioni lavorative dove invece il lavoratore continua a lavorare ma con continue sospensioni e rinnovi di contratto.



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    Elsa Fornero, ministra del lavoro, ha resto noto che la riforma del lavoro non arriverà prima dell’autunno del 2013.


    Riforma del lavoto in Italia 2013 Mario Monti sta cercando di accelerare la riforma sul lavoro, per questo la presenterà in Parlamento entro la fine di marzo. Ma Elsa Fornero, ministra del lavoro, annuncia che la riforma non si farà prima dell’autunno 2013, ovvero tra ben 1 anno e mezzo!

    La ministra si è riunita a fine febbraio con le parti sociali per definire la mappa completa dei punti su cui verterà la riforma, e ha dichiarato “La riforma degli ammortizzatori sociali non può partire prima dell’autunno del 2013 e si farà con i soldi che abbiamo”. Giovedì 1 marzo si sarebbe dovuta tenere la riunione tra governo e parti sociali sul difficile argomento che riguarda l’articolo 18 ma è stata posticipata a data da destinarsi perché il governo intende valutare bene i tanti e diversi aspetti che riguardano la riforma.

    Tra due anni e mezzo circa (autunno 2014) sarà avviato il riordino della cassa integrazione migliorando quella ordinaria e successivamente gli strumenti di supporto alla disoccupazione involontaria.

    La riforma riguarderà le aziende che dispongono di più di 50 dipendenti e che operano nel settore del commercio, bancario, assicurativo.
    I dissensi da parte dei sindacati non sono mancati. Susanna Camusso (CGIL) ha dichiarato: “Dire che la riforma degli ammortizzatori potrà partire ad autunno 2013 è forse troppo ottimistico: non sappiamo quanto ancora dureranno gli effetti della crisi”; mentre Raffaele Bonanni (CISL) ha evidenziato il fatto che: “Vogliamo capire se il governo vuole una riforma o una controriforma. Senza risorse diventa più nebuloso”.
    Anche Luigi Angeletti (UIL) commenta la situazione seguendo i colleghi sindacalisti: “La riforma del lavoro funzionerà se si risolve il problema delle risorse, se sarà possibile attivare meccanismi per trovare un altro posto di lavoro e se si affronta il nodo delle differenze territoriali nel mercato del lavoro”.



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      L’importanza dei contratti di lavoro è fondamentale per essere protetti da problemi lavorativi come licenziamenti ingiusti, mobbing ecc. Ecco una panoramica sui contratti di lavoro maggiormente diffusi in Italia.


      Conoscere il contratto di lavoro Il contratto di lavoro nel nostro paese viene regolamentato da una serie di norme incluse nel Codice Civile che in primo luogo sanciscono che tale contratto è un contratto tipico bilaterale

      (cioè previsto dalla legge e sottoscritto tra due parti datore di lavoro, che può essere una persona fisica o una persona giuridica, cioè un’azienda, e il lavoratore) e sinallagmatico (cioè che prevede il rispetto di obblighi da entrambe le parti contraenti).

      Caratteristica fondamentale del contratto di lavoro è il fatto che esso debba essere oneroso, che debba cioè prevedere un pagamento. A questo proposito, l’articolo 2099 del Codice Civile stabilisce che, qualora non ci sia un accordo preventivo tra le parti, sarà compito del giudice stabilire la misura e la modalità della retribuzione.

      Per sottoscrivere un contratto di lavoro dipendente ci deve innanzitutto essere accordo tra le due parti, e il lavoratore deve aver raggiunto il sedicesimo anno di età, come ha stabilito la legge finanziaria del 2007, del 27 dicembre 2006 n. 296. L’articolo di tale legge agisce in deroga rispetto alla norma generale rispetto alla quale un contratto di lavoro può essere sottoscritto solo al raggiungimento della maggiore età.

      I contratti di lavoro possono essere di due macrotipi: contratto individuale, quando si stabilisce come accordo tra due singoli soggetti (datore di lavoro e lavoratore), e contratto collettivo nazionale di lavoro, altrimenti detto CCNL, quando tale contratto scaturisce da un accordo preso a livello nazionale tra il sindacato dei lavoratori e le associazioni che raccolgono le diverse categorie di datori di lavoro.
      In Italia comunque esistono più di 400 categorie di contratti nazionali che, se da un lato garantiscono una tutela per i lavoratori di ogni categoria, dall’altro creano una mole consistente di norme e regole che talvolta possono risultare confuse.

      La legge dice inoltre che qualsiasi contratto di lavoro può essere sottoposto a un periodo di prova, trascorso il quale, una delle due parti potrebbe recedere senza avere alcun obbligo. Affinché questa clausola trovi applicazione è necessario che il contratto sia stato fatto in forma scritta altrimenti si dà per dato di fatto che il periodo di prova non sia stato stabilito tra le parti.

      Il contratto di lavoro può essere sottoscritto sia a tempo indeterminato (cioè senza scadenza temporale) che a tempo determinato (cioè con una scadenza temporale concordata tra le parti). Il D.Lgs. 368/2001 ha fortemente liberalizzato il ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato, ribaltando le tendenze del passato. Secondo questo decreto il datore di lavoro può utilizzare un contratto a termine solo in tre casi eccezionali: se ha bisogno per un certo periodo di personale tecnico del quale non dispone normalmente nella propria azienda; se ci sono degli aumenti di produzione inaspettati che non riesce a coprire con il proprio personale; se ha bisogno di sostituire per un certo periodo dei lavoratori assenti (ma non per sciopero). In ogni caso, qualora il datore di lavoro dovesse recedere dal contratto a tempo determinato prima della scadenza fissata per lo stesso, sarebbe obbligato a versare al lavoratore tutte le mensilità mancanti.
      Tali contratti possono essere prorogati solo se inferiori a tre anni e solo per una volta. Se il rapporto si protrae oltre i limiti previsti dal contratto, il lavoratore avrà diritto ad una maggiorazione del 20% della retribuzione per i primi venti giorni; superati i venti giorni il contratto si commuta in contratto a tempo indeterminato.

      La legge vieta quindi la reiterazione del contratto a tempo determinato per più di due volte, e se il secondo contratto viene stipulato entro dieci giorni dalla scadenza del primo esso si intende automaticamente a tempo indeterminato.

      Il lavoratore, che il più delle volte risulta essere “la parte debole” dell’accordo, dovrebbe sempre ricordare che il contratto non è un semplice foglio di carta da firmare in calce. Esso infatti contiene tutte le informazioni che riguardano il rapporto con il datore di lavoro, pertanto è sempre un bene leggerlo in tutte le sue parti, anche se può sembrare faticoso o noioso e anche se il linguaggio adottato, spesso troppo tecnico, può risultare ostico.
      Non è un giusto comportamento quello di informarsi su quanto riportato in contratto solo nel caso in cui si presentino eventuali controversie, perché una lettura approfondita delle diverse clausole e una conoscenza di esse può portare ad evitarle le controversie. Basti pensare alle numerose regole che esistono per formalizzare argomenti come ferie, maternità, malattia, retribuzione, orario di lavoro, cessazione dell’attività, ecc.
      Conoscere anticipatamente ciò che il proprio contratto prevede rispetto a tutti questi punti è una cosa senz’altro indispensabile al lavoratore.



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