Lavoro


Nonostante la crisi del lavoro sia ancora profonda ed in pieno sviluppo, sono state introdotte interessanti agevolazioni con la Riforma Fornero che offre agevolazioni e sgravi fiscali per le nuove assunzioni.


Crisi lavoro giovaniIn Italia un giovane su quattro non lavora, non studia e non sta seguendo corsi professionali. Per definire questa categoria di persone esiste l’acronimo inglese “Neet” (not in education, employment or training). Il tasso di disoccupazione non è in crescita solamente in Italia, si stima infatti che sia in aumento in tutto il mondo e che dovrebbe raggiungere 12,8 entro il 2018. Dietro questi numeri si celano giovani sempre più scoraggiati e posti di lavoro sempre più precari e sottopagati che non consentono stabilità e non permettono alle nuove generazioni di costruire vite completamente indipendenti dai nuclei familiari di origine.

Si pensi che in Italia si sono contati 5,7 milioni di disoccupati ma tra questi 2,8 milioni sono effettivamente in cerca di lavoro mentre 2,9 milioni sono scoraggiati, ossia talmente frustrati dalle condizioni del mercato del lavoro che non cercano nemmeno più nonostante internet offra molte possibilità attraverso motori di ricerca di offerte di lavoro.

E’ evidente che questi dati sottolineano l’esigenza di politiche miranti alla crescita e non solo all’austerità necessaria per sanare i debiti di Stato. Nonostante la crisi economica e le politiche incerte in Italia qualche provvedimento è stato avanzato dal Governo in materia di lavoro ed è bene conoscere queste iniziative per potersene avvantaggiare come privato e come azienda.

Dal primo gennaio 2013, grazie un decreto voluto dall’ex ministro Elsa Fornero, i datori che decideranno di assumere donne otterranno un sgravio fiscale pari al 50% dei contributi dovuti per la nuova lavoratrice. Questo incentivo ha durata 12 mesi ma può essere prolungato fino a 18 se il datore dimostra di aver trasformato il contratto di lavoro in un’offerta di lavoro a tempo indeterminato.

Questo incentivo è applicabile per l’assunzione di donne prive di regolare retribuzione da almeno sei mesi, residenti in regioni “disagiate” (quindi aventi contributi europei) oppure in caso di assunzioni in settori caratterizzati da ampia disparità di genere.

Incentivi lavoro Riforma ForneroIl Decreto Legge ha lo scopo d’incentivare l’occupazione femminile, attenuando le disparità di genere che ancora colpisce il gentil sesso. Allo stesso tempo questo decreto può favorire le aziende che potranno acquisire nuove risorse con un minor peso fiscale, almeno per i primi tempi. Le agevolazioni verranno distribuite in quei settori dove la disparità sessuale è più marcata. In particolar modo dovrebbero essere erogate nel settore delle costruzioni e delle industrie dove il tasso di disparità uomo-donna è al 44-45% circa.

La legge n. 30 del 2003 (Legge Biagi) e la Riforma Fornero hanno condotto indirettamente ad una diminuzione dei lavori a tempo indeterminato che ormai costituiscono meno della metà delle offerte lavorative in Italia. La restante maggioranza delle posizioni lavorative italiane sono precarie, instabili, a termine e mal retribuite. Ne deriva un’ampia porzione di cittadinanza con scarso o nullo potere d’investimento ed un conseguente stallo dell’economia.

Il nuovo Governo Letta, succeduto a quello di Monti, ha parzialmente ammesso gli errori commessi dai Tecnici. Nei prossimi mesi si preannunciano nuovi decreti e riforme in merito al mondo del lavoro, intanto Cesare Damiano – neo eletto presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio – ha stabilito l’urgenza di stanziare fondi per la Cassa integrazione in deroga (verrà stanziato 1 miliardo e mezzo di euro nel 2013) e di riformare il già riformato sistema pensionistico. Proprio in merito alle pensioni (e conseguentemente al problema degli esodati) si sta pensando ad un sistema più graduale e flessibile, maggiormente capace d’intervenire in salvaguardia dei lavoratori.

Incentivi contributivi sono stati recentemente riconosciuti ai lavoratori svantaggiati, di età non inferiore ai 50 anni e disoccupati da almeno 12 mesi. Il decreto è molto importante perché, se si pensa che il lavoro scarseggi per tutti, è anche vero che le offerte di lavoro dopo una certa età sono veramente poche.

La legge definisce anche i casi in cui l’incentivo non sarà stanziato:

  • qualora l’assunzione sia frutto di un obbligo precedente (stabilito da legge o contratti collettivi);
  • se l’assunzione viola il diritto di precedenza rispetto ad un lavoratore licenziato;
  • se il datore di lavoro ha in atto procedure di crisi aziendale (salvo il caso in cui si stano assumendo persone con professionalità differenti dai lavoratori temporaneamente sospesi o cassintegrati);
  • il contributo non sarà stanziato per lavoratori licenziati dalla stessa azienda nei sei mesi precedenti;

Lavoratori precariOltre agli incentivi appena descritti, lo Stato italiano aveva previsto – entro marzo 2013 – delle somme di denaro per le aziende che avessero deciso di trasformare posizioni contrattuali precarie per i giovani in posizioni lavorative a tempo indeterminato. Concretamente sono stati offerti 12mila euro pro-capite per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani sotto i 30 anni e donne di qualsiasi età. Quella appena descritta è stata un’ottima iniziativa da parte dell’INPS e del Ministero del Lavoro italiano, tuttavia non sufficiente a risolvere su larga scala il problema della disoccupazione e del lavoro precario. Il fondo stanziato era di 230 milioni di euro e non potevano essere erogati su nuove assunzioni, ma solamente sulla trasformazione in tempo indeterminato di contratti precari pre-esistenti.

Il decreto prevedeva anche incentivi, meno sostanziosi ma certo non meno allettanti, anche per lavori a tempo determinato. Si trattava di 3 mila euro per offerte di lavoro tra 12 e 18 mesi, 4 mila euro per durate contrattuali tra 18 e 24 mesi e 6 mila euro per i contratti più duraturi di 24 mesi.

Il bonus poteva essere erogato anche più volte in favore dello stesso datore di lavoro, ma per un massimo di dieci assunzioni.

E’ del tutto auspicabile che il Governo promuova nuovi interventi analoghi in modo tale che il mercato del lavoro possa smuoversi e non manchino più offerte e speranze per i giovani e per tutti i cittadini, troppo spesso costretti ad accontentarsi o a rimanere disoccupati.



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    Quali sono gli sbocchi professionali di un laureato in lingue in un un’economia sempre più globalizzata. Accanto alle figure più comuni troviamo importanti ruoli chiave per le aziende che effettuano import-export.


    Lavori laurea in lingueIn un mondo sempre più globale, saper comunicare con le altre realtà è importante in tutti i settori del vivere (dall’economia alla medicina, passando per il diritto).

    In Italia, l’inglese viene introdotto sin dalla scuola dell’infanzia; tuttavia, dati alla mano, le iscrizioni alla Facoltà di Lingue presentano un quadro alquanto sconcertante. Nell’a.a. 2010/2011 (dati ISTAT) solamente 16.711 neoimmatricolati alla laurea triennale del settore linguistico, con un trend negativo del – 2,8 % rispetto all’anno precedente; solo al 7° posto nella classifica dei gruppi di laurea più scelti.

    Complice di questa situazione è una diffusa disinformazione sugli sbocchi professionali di un Dottore in Lingue.

    Certamente, si può diventare insegnanti scolastici, ma il percorso di specializzazione post universitario ed il diffuso precariato rendono questa soluzione molto poco appetibile.

    Un altro sbocco importante è il traduttore. Dedicarsi alle traduzioni professionali sia autonomamente che per un editore è una soluzione, ma non sempre supportata da un ritorno economico, soprattutto agli inizi. Oggi, nel mondo del lavoro, per sfondare, occorre innovare.

    Accanto alle professioni più classiche, la realtà attuale richiede figure trasversali, specializzate e altamente professionali che sappiano porsi come punto di riferimento per la soluzione a un problema. In primo luogo, in un mercato globale è necessario poter contare su una persona eclettica che sappia sia le lingue, ma anche elementi portanti di altri settori.

    Nel campo economico, ad esempio, il laureato in Lingue – con un apposito indirizzo economico nel proprio curriculum studiorum – può proporsi come addetto import-export. Accettare, controllare e preparare merci in arrivo e in uscita potrebbe sembrar banale, ma quando ci sono termini molto tecnici e in lingua straniera, occorre proprio un professionista.

    A livelli più elevati, con un’ottima conoscenza del bilancio, delle norme nazionali, europee ed internazionali in materia si può svolgere la professione di External Auditor. Il compito fondamentale è certificare il bilancio aziendale delle realtà maggiori; competenze molto settoriali, adeguatamente supportate da una lingua conosciuta alla perfezione, rendono questa figura ricercata e – quindi – altamente ricompensata.

    Mediatori linguisticiUn altro sbocco molto interessante è l’esercizio della professione di mediatore linguistico, cioè un professionista che conosce approfonditamente non solo la lingua, ma anche usi, costumi e cultura di un Paese.

    Già presente in ospedali e tribunali, l’economia in continua espansione impone la sua presenza anche in contesti aziendali. Per concludere un buon affare, due imprese poste ai capi opposti del mondo hanno bisogno sia di una persona che interpreti contratti, preventivi, progetti, ma che al contempo si ponga come conciliatore per mantenere ottimi rapporti fra le parti di culture diverse fra loro.

    Se si ha una maggiore predisposizione all’insegnamento, senza voler intraprendere una carriera strettamente scolastica, è possibile collaborare con scuole di lingue professionali che, ormai, richiedono sempre più spesso dei trainer linguistici. Una figura che si pone a metà strada fra l’allenatore e il docente, si occupa non solo della continua formazione di allievi (in genere dipendenti di aziende), ma anche della loro motivazione e del loro coinvolgimento all’apprendimento della lingua.

    Oppure, si può tentare la carriera di manager di impresa turistica. Per svolgere con profitto questo mestiere bisogna ovviamente avere uno spiccato senso degli affari e conoscenze linguistiche; ma anche una continua analisi delle richieste ed esigenze del cliente, predisposizione di modelli turistici opportuni e conformi alla sua cultura e stile di vita.

    A livello più generico, vi è anche la possibilità di specializzarsi come customer server o addetto alle relazioni con l’estero. Inserito sia in un contesto aziendale, quanto nei servizi o nel commercio, si tratta di figure polivalenti che richiedono oltre a specifiche conoscenze linguistiche, doti diplomatiche e customer oriented, problem solving, flessibilità e versatilità.

    Hostess di voloIn ambito aeroportuale, vi è la figura dell’hostess di terra o di volo che offre uno specifico servizio di supporto alla clientela combinato con una profonda padronanza delle Lingue.

    Infine, un laureato in Lingue può avere la fortuna di rendere le proprie passioni un lavoro. Cinema, Internet, pc e videogames sono settori che richiedono specifiche e settoriali traduzioni: la trama di un film, i libretti di istruzioni per software, le schermate di giochi sono tutti banchi di prova per un esperto linguistico, che ben potrà superare con passione e dedizione.

    La laurea in lingue è più che mai necessaria; un’occasione unica per coniugare conoscenze linguistiche a campi di interesse – dall’economia ai rapporti sociali: mestieri nuovi, innovativi e richiesti che possono unire l’utile al dilettevole.



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      A partire dal primo gennaio 2013 le aziende dovranno versare l’1,4% in più di contributi per i contratti a tempo determinato, minando ulteriormente il già precario mercato del lavoro.


      Contributi lavoro tempo determinatoUna delle novità previste dalla Riforma Fornero a partire dal 1° gennaio 2013 riguarda l’aumento dei contributi che le aziende dovranno versare all’Inps relativamente all’assunzione di lavoratori con contratti a tempo determinato. A diffondere la notizia è l’Ordine dei Consulenti del lavoro di Varese, che segnala come questa misura vada ad accrescere ulteriormente il costo del lavoro, rendendo insostenibile la richiesta di manodopera da parte delle aziende e ostacolando l’assunzione di nuovo personale.

      L’obbligo di versare maggiori contributi per i contratti a tempo determinato non spinge infatti i datori di lavoro verso altre soluzioni contrattuali, semmai applica nuove limitazioni ad un mercato già notevolmente paralizzato fra burocrazia e costi alle imprese.

      Dal 1° gennaio 2013 quindi le aziende hanno iniziato a versare l’1,4% in più di contributi per i contratti a tempo determinato e tale addizionale si applica sia sui contratti stipulati prima della riforma che su quelli successivi. E’ bene ricordare che la riforma non coinvolge tutte le tipologie di contratto a termine, escludendo di fatto categorie come i lavoratori in sostituzione maternità o malattia, i lavoratori stagionali e gli apprendisti. Nel caso poi l’azienda decidesse di assumere a tempo indeterminato il lavoratore entro sei mesi dalla conclusione del rapporto è previsto un
      rimborso dell’addizionale.

      La misura introdotta dalla Riforma Fornero fa parte di una serie di interventi volti a riordinare la complessa materia degli ammortizzatori sociali. La novità più significativa è l’introduzione graduale dell’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego, in sostituzione di altre forme di sussidio per mobilità e disoccupazione presenti nelle precedenti manovre. Il nuovo ammortizzatore verrà quindi finanziato anche grazie agli incrementi contributivi sui contratti a termine.

      A questo proposito, l’Ordine dei Consulenti del lavoro di Varese evidenzia come il mercato del lavoro in Italia abbia un urgente bisogno di interventi che vadano a sgravare le imprese invece di caricarle di nuovi costi, prevedendo un sistema più flessibile e meno oneroso.



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