L’Italia è ancora fanalino di coda per ciò che concerne la conoscenza della lingua inglese, che sembra di fatto un presupposto essenziale per operare attivamente nel mondo del lavoro.


L’Italia si attesta nelle ultime posizioni della classifica europea della conoscenza dell’inglese. E’ quanto risulta dal rapporto EF EPI (EF English Proficency Index), il più ampio studio comparato sulla conoscenza dell’inglese nel mondo, messo a punto da EF Education First, l’organizzazione leader mondiale nell’ambito della formazione linguistica all’estero.

Lo studio giunto alla sua terza edizione, si fonda su test effettuati dal 2007 al 2012, su 750.000 adulti provenienti da 60 Paesi.


Indice di conoscenza dell’inglese EF 2013 – Copyright © EF Education First Ltd. All rights reserved

In quest’ultima edizione l’Italia anche se migliora la sua competenza linguistica, lo fa solo leggeremente e non alla stessa velocità di altre nazioni, come la Spagna, ad esempio.

A livello mondiale, guidano invece la graduatoria Svezia, Norvegia ed Olanda; il nostro paese relegata in posizione numero 32, dietro a Vietnam, Uruguay e Sri Lanka. Dopo di noi solo la Francia.

Classifica mondiale conoscenza lingua inglese
Indice di conoscenza dell’inglese EF 2013 – Copyright © EF Education First Ltd. All rights reserved

E’ davvero un peccato che l’Italia non si impegni – o per lo meno non in modo sufficiente -  a modificare il livello linguistico dei suoi cittadini.

L’inglese è ormai la lingua del marketing, della comunicazione, della tecnologia e delle scienze, e questo le aziende italiane lo sanno bene. Eppure la scuola sembra ancora ignorarlo in grande misura, così come le università risultano ancora poco collegate al mercato del lavoro, visto che moltissimi laureati in ingegneria o scienze hanno una conoscenza insufficiente dell’inglese professionale.

Sicuramente qualcosa si sta cercando di fare. Ad esempio, dal 2014, una materia dell’ultimo anno delle scuole superiori di tutti gli indirizzi sarà insegnata in lingua inglese – anche se però purtroppo, molto spesso le capacità linguistiche degli insegnanti sono poco adeguate e le ore dedicate all’insegnamento di questa materia troppo limitate.

Allo stesso modo, sempre più università stanno cercando di riformarsi inserendo un numero sempre maggiore di corsi e programmi in lingua inglese.

C’è quindi sicuramente ancora molto da riformare e questo processo non sarà semplice visto che è ostacolato da una difficile situazione politica – un governo cronicamente instabile – ed economica e da una popolazione che invecchia.

Ma modificare il trend attuale è improcastinabile o l’Italia perderà l’opportunità  di iniziare ad uscire dalla crisi economica ed occupazionale, che la attanaglia da fin troppo tempo ormai.

Vi è infatti uno stretto legame tra abilità linguistiche della forza lavoro di una nazione e le sue prospettive occupazionali ed economiche. L’inglese è il motore delle esportazioni e l’Italia, grazie al made in Italy, sinonimo in tutto il mondo, di qualità e stile, ha molto da esportare. L’inglese è inoltre una delle chiavi per attrarre investimenti esteri ed  è stato dimostrato che in nazioni in cui l’inglese non è lingua ufficiale, fare impresa è più semplice se la conoscenza dell’inglese è buona.

Il nostro paese non può temporeggiare o perderà i suoi giovani migliori ed intraprendenti, disposti a costruirsi una vita all’estero pur di non rinunciare al sogno di un lavoro interessante, dignitoso e ben pagato. Qualità che al momento scarseggiano nel mercato del lavoro italiano.



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