Storia di un uomo colpito da tumore che ha dovuto lottare per far valere il diritto di vedersi riconoscere la causa professionale dovuta al suo lavoro continuamente a contatto con il toner delle fotocopiatrici.


Storia di un lavoratore a cui è stata riconosciuta la malattia professionale legata al toner delle fotocopiatrici. Pubblichiamo la storia integrale inviataci da un gentile utente che ha voluto condividere la sua drammatica esperienza.

Con la sua mail ci teniamo a mettere in evidenza l’importanza della sicurezza sul lavoro e delle malattie professionali associate ad ogni singola professione.

Ecco la sua storia…

Salve, voglio raccontare la mia storia sperando che non accada ad altri quello che mi è successo.

Mi chiamo Rollo Francesco e vivo a Carapelle (FG), nell’anno 2000, il prof. Pellegrino dell’Urologia degli Ospedali Riuniti di Foggia mi sottopose a diversi interventi chirurgici per colpa di un tumore uroteliale, mi fu tolto un rene e poi anche una parte della vescica.

Il primo intervento fu veramente devastante e il mio primo pensiero fu quello che per fortuna non facevo un lavoro pesante. Ero un tecnico riparatore di fotocopiatrici e convinto che sarei ritornato al più presto al lavoro.

Il necessario contatto con l’oncologo data la malignità del tumore, mi mise a conoscenza di una possibile connessione con il lavoro, il rene superstite rimasto aveva anche anomalie e l’oncologo mi consigliò di cambiare lavoro. Mi disse che nei toner c’erano sostanze derivate da idrocarburi pesanti che provocavano la mia malattia. Poi aggiunse che era il caso di segnalare la malattia professionale, anche se sarebbe difficilmente stata riconosciuta, ma aggiunse che erano processi lunghi e che sarebbero emersi altri problemi connessi e che avevo qualche possibilità.

Per un onesto lavoratore, contrarre malattia e sentirsi dire di lasciar perdere quanto faticosamente imparato per sedici anni è una esperienza che non auguro a nessuno, con una famiglia e figli sulle proprie spalle.

Per segnalare la malattia professionale fu anche complicato, il datore di lavoro non ne volle sapere di fare la segnalazione e mi decisi ad andare di persona all’Inail. Conoscevo persone all’Inail di Foggia perchè andavo anche da loro a riparare le fotocopiatrici e raccontai ad una dottoressa tutto quello che mi era accaduto.

Ero nell’attesa dell’intervento sulla vescica dato che esami mostravano una possibile recidiva del cancro renale e dovevo urgentemente di nuovo ricoverarmi.

Una persona infuriata e determinata come la dottoressa dell’Inail non l’avevo mai vista, mi disse di stare tranquillo e di ricoverarmi, per la segnalazione della malattia professionale avrebbe Lei stesso provveduto dicendomi che se l’azienda dove lavoravo nell’arco di pochi giorni non avesse fatto la segnalazione di malattia professionale, l’avrebbe denunciata e passibile di una multa di diverse decine di milioni delle vecchie lire.

Poco dopo in ospedale ricevetti telefonate dalla ditta di dove lavoravo infuriati da quello che avevo fatto. Così partì la denuncia ma dopo poco tempo arrivò la risposta che non c’era nessun nesso causale tra malattia acquisita e sostanze da me manipolate.

Feci causa all’Inail, serviva un certificato di malattia professionale e si prestò un giovane medico del lavoro a scriverlo. Capii subito che si dovevano trovare notizie e che quel certificato non sarebbe bastato.

Mi licenziai ed ero sconfortato, mi chiedevo perchè Dio mi voleva vivo, ero convinto che volesse continuare ad umiliarmi.

Nel 2003 una mia parente mi chiese se volevo fare un corso per conoscere il computer. Gli dissi di no, era un corso con persone molto più giovani di me, ma il fatto che era gratuito, finanziato dalla Regione Puglia e poi anche per non continuare a trascorrere le giornate senza fare nulla mi fece cambiare idea e decisi di frequentare questo corso.

Coniugai presto l’interesse della mia malattia con internet e mi misi a cercare notizie.

Trovai infatti che a Genova c’erano numerose denunce di tumori uroteliali della vescica connessi ad una sostanza chiamata nerofumo. Il tumore uroteliale era la mia malattia e il nerofumo era un principale ingrediente del toner.

Incominciai a chiedere notizie a medici, giornalisti, operatori della prevenzione e scoprimmo che la mia malattia non era una novità nelle fabbriche dei pneumatici dove veniva anche utilizzato il nerofumo. Le notizie che si trovavano erano importanti ed una giornalista mi convinse a fare un sito web. Il sito suscitò un interesse iniziale, e mi permise di avere contatti con altri sfortunati colleghi di lavoro. Le notizie trovate servirono anche per la mia causa e dopo sei anni nel 2006 mi fu riconosciuta la malattia professionale.

La notizia del riconoscimento doveva essere importante ma non ebbe l’effetto che volevo. I giornalisti non ne vollero parlare, e ricevevo anche tante lamentele, qualcuno definì anche le mie notizie solo come allarmistiche e prive di fondamento, altri ancora peggio dicendomi che facevo del terrorismo. Così tolsi il sito dal web.

Ho continuato comunque a trovare informazioni e a divulgarle e a discuterle con chi opera nel campo della Prevenzione, credo che proprio da loro sia maturata la Interrogazione che l’Onorevole Minasso ha fatto il 4 Dicembre 2008 alla Camera dei Deputati sul problema del toner.

Quello che io vorrei oggi, senza creare inutili allarmismi, è che innanzitutto le ditte che producono di questi materiali si orientino su prodotti non nocivi, sia per l’uomo che per l’ambiente. Dato che ben poco esiste oggi nella letteratura della Medicina del Lavoro sulle malattie professionali del settore, si dovrebbero porre i lavoratori maggiormente esposti a Sorveglianza Sanitaria e usare Registri sia a livello regionale che nazionale, ove annotare malattie segnalate; creare gruppi omogenei, sviluppare sistemi di protezione e organizzare studi di follow-up, che seguano queste persone nel tempo.

Vi sono sufficienti evidenze per suggerire il legame con possibili danni all’apparato respiratorio connessi alle piccole dimensioni delle polveri di toner e rischi di cancerogenicità riconducibili alla natura chimica delle componenti delle polveri da stampa. Si dovrebbe considerare ogni sostanza chimica nel toner come potenzialmente pericolosa e adottare il principio di precauzione; peraltro ce ne sono tantissime di cui si conosce ben poco.

Le misure di prevenzione migliori da adottare per i tecnici sono:
maschere idonee a proteggere da polveri fini e sostanze chimiche, guanti, occhiali (premure particolari per chi porta lenti a contatto, che potrebbero trattenere piccole particelle).

Comportamenti idonei a ridurre i rischi:
indossare i mezzi di prevenzione, evitare di mangiare, bere e fumare mentre si manipolano i toner; considerare le contaminazioni crociate e provvedere a lavarsi accuratamente alla fine del turno di lavoro e prima dell’utilizzo di servizi igienici; considerare contaminati gli indumenti utilizzati sul lavoro e le calzature.

Misure di prevenzioni per utenti:
nel caso si caricano le cartucce toner indossare guanti, evitare di disperdere la polvere del toner, ricambiare continuamente d’aria l’ambiente in cui tali apparecchiature risiedono;
se necessario installare aspiratori di fumo idonei e filtri che limitano l’emissione di gas e particolato; tenere accese le apparecchiature solo nel caso della stampa;
far fare manutenzione programmata alle apparecchiature da personale qualificato.

Saluti, Francesco Rollo



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