Quali sono, secondo la legislazione in vigore, i criteri per effettuare una valutazione economica di uno studio professionale. Quali sono gli elementi patrimoniali considerati attivi e quelli cosiddetti immateriali.


Nel corso del tempo, alla luce della volontà sopravvenuta di cedere il proprio studio professionale, molti professionisti sono incappati nel difficile compito di valutare economicamente quest’ultimo, ossia di dargli un valore di mercato.

In questo lavoro si prescinde dagli aspetti civilistici e fiscali connessi alla cessione della clientela professionale, argomenti per niente pacifici allo stato attuale ma che saranno affrontati (eventualmente) in altra sede.

La domanda da cui partire è la seguente: la cessione di uno studio professionale può equipararsi alla cessione d’azienda? La risposta è certamente negativa, no!

Infatti nella cessione d’azienda assumono particolare rilievo gli elementi patrimoniali, attivi e passivi, determinanti nella considerazione dell’avviamento aziendale.

Nella cessione dello studio professionale, invece, gli elementi di maggiore valutazione sono assolutamente immateriali; dalle capacità intellettuali e professionali del titolare dello studio, dalle relazioni di clientela, dal tipo di rapporto instaurato tra clientela e studio professionale ecc.

Alcuni studiosi, di fronte all’arduo problema di indicare dei criteri di valutazione economica dello studio professionale, hanno proposto un modello “misto”; da un lato la considerazione di criteri reddituali – finanziari (ad. es. l’analisi dei ricavi degli ultimi 5 anni), dall’atro la valutazione di criteri specifici inerenti l’attività professionale svolta (es. ubicazione dello studio, notorietà dello studio ecc.).

L’elemento che determina una maggiore problematica è senz’altro la valutazione economica della clientela. Elemento della clientela che si differenzia fortemente tra attività intellettuale ed azienda costituendo, forse, il più significativo elemento di distinzione.

La clientela professionale, come dimostrato da studi del settore, è tendenzialmente meno stabile rispetto a quella aziendale; esiste senz’altro una maggiore libertà nel rivolgersi da un professionista all’altro. Perché?

Forse semplicemente perché le prestazioni professionali, sovente, sono singolari; ossia comprendono un vincolo contrattuale destinato alla cura e gestione di una singola attività (es. si pensi al mandato conferito ad un avvocato per la cura di una singola causa).

Al contrario un contratto di fornitura stipulato con un’azienda spesso risulta pluriennale, con la concreta possibilità che si instauri un vero e proprio rapporto di fiducia tra cliente ed azienda fornitrice.

Ad oggi, dunque, la valutazione economica di uno studio professionale risulta davvero complessa non potendosi basare (almeno esclusivamente) su elementi concreti, quali gli indici reddituali e finanziari.

 

P. Avv. Giuseppe Mecca
peppe.mecca@tiscali.it



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